Il 10 marzo 1926, la polizia di Torino arresta un vagabondo in un cimitero. Non si riesce a stabilire né chi sia né da dove venga e l’uomo viene internato nel manicomio di Collegno. Quando la sua fotografia viene pubblicata sui giornali, una famiglia lo riconosce come il professor Giulio Canella, disperso sul fronte dieci anni prima. Una successiva lettera anonima, tuttavia, lo identifica come il ricercato Mario Bruneri. Inizia così un processo che catalizza l’interesse mediatico di tutt’Italia dividendo per decenni l’opinione pubblica, con indagini e misurazioni antropometriche volte a determinare l’identità dell’uomo, fino a un enigmatico epilogo in Brasile. Ricostruendo la vicenda nel labirintico e rocambolesco alternarsi delle sue vicissitudini, con l’aiuto degli archivi giudiziari e medico-legali e lavorando sui filmati d’archivio dell’epoca, Lo sconosciuto racconta come il corpo di un uomo divenne oggetto di congetture e speculazioni che non si sono ancora placate.
Basandomi su un fatto di cronaca che fece scalpore in Italia negli anni ‘30, voglio indagare il materiale che questa storia ha prodotto, combinandolo con l’interrogativo al centro del mio lavoro: il trattamento politico della follia. Non mi importa scoprire se si tratta di Giulio Canella, l’amnesico, o di Mario Bruneri, l’impostore. Al di là del fascino intrinseco del fatto di cronaca, questo caso cela le premesse di derive preoccupanti, al giorno d’oggi, nella comprensione della nozione d’identità, e riattualizza ciò che si è imposto, nel tempo, come un fatto incontrovertibile: una gestione maniacale dell’identità determinata da dati codificati. Sviscerando i risvolti di questa storia, ricaverò dagli archivi il materiale per un film imperniato sulle parole del medico, filosofo e partigiano Georges Canguilhem: «Contrariamente a quello che vorrebbero farci credere, non è a partire dalla biologia che possiamo farci un’idea dell’uomo, ma, al contrario, è a partire da una certa idea dell’uomo che possiamo utilizzare la biologia al suo servizio»