Una pianura di campi sotto un cielo grigio, alla fine dell'inverno. Macchie di boscaglia e stagni artificiali punteggiano il piatto paesaggio rurale. In questo mondo si muove Luca, giovane solitario e silenzioso. Dopo il lavoro come meccanico in un'officina ai margini della campagna, dove si riparano macchinari agricoli, vaga tra le poche cascine isolate e le stalle. Cammina per i campi, spaccia pasticche ad altri operai che lavorano negli allevamenti di vacche. Una sera, da un autobus che ferma in quella campagna, scende Silvia, una ragazza poco più grande di lui. Il suo arrivo turba profondamente Luca, il cui stato d'animo è già scosso e fragile. Il dolore che porta dentro lo lega a lei, tornata dopo un lungo periodo lontano. Quando Silvia gli chiede aiuto per aggiustare un vecchio motorino danneggiato in un incidente, Luca si ritrova faccia a faccia con il suo passato, con il trauma che lo imprigiona, e sceglie così di affrontarlo.
La riparazione racconta l'elaborazione di un trauma. È la storia di un personaggio intrappolato in una condizione di sofferenza, in cui si apre uno spiraglio di speranza, la possibilità di una via d'uscita, rappresentata dal contatto umano con un'altra persona. Mi interessa lavorare sull'aspetto emotivo del passaggio da una condizione di doloroso isolamento al ristabilirsi di una relazione vitale e affettiva con gli altri. Il protagonista, Luca, è tormentato dal rimorso di non essere stato in grado di proteggere chi amava, finché qualcuno non arriva a rompere il suo guscio di angoscia. Nelle mie intenzioni questo è anche un breve film sulla responsabilità. C'è una parte importante di casualità nella nostra vita, sottoposta a forze che vanno ben oltre le azioni e le loro conseguenze. Forse bisogna riconoscerla come parte integrante della vita, accettarla e riuscire ad aprire una porta alla speranza, nonostante l'angoscia generata dal senso di precarietà in cui viviamo.