Volevo solo andare sui luoghi della frontiera. Vedere, essere sui luoghi. Un sopralluogo. Siamo sempre sui luoghi dopo che qualcosa sia successo. E sembra che non sia successo nulla. O siamo nei luoghi durante, ma tutto si svolge in silenzio. Non sta succedendo nulla. Ogni giorno, ogni notte, i migranti tentano il passaggio. Vengono fermati, respinti, rinchusi, picchiati, cacciati - ritentano. Ma non esistono. Siamo sulla splendida riviera della vacanza permanente. Siamo nel silenzio della frontiera, come se non stesse succedendo niente, come se quello che succede non avesse più realtà, nel presente in tempo reale
– ma succedesse in un altro tempo e un altro spazio. A quei tempi – così iniziano le fiabe.
In quei tempi, su questa stessa riviera fiabesca, viveva uno scienziato che esplorava la causa profonda della morte, per capire se la vita aveva previsto la morte. La sua cura di ringiovanimento con trapianti di testicoli di scimmia sull’uomo lo rese famoso sul pianeta intero.
Poi l’oblio. Quando mi hanno raccontato di Serge Voronoff, mi hanno mostrato la villa sulla frontiera, le gabbie in rovina dove allevava le scimmie, ho pensato al personaggio di un film fantastico dell’epoca. Un Dottor Moreau, o lo scienziato dell’Invenzione di Morel, il romanzo di Adolfo Bioy Casares, che ha inventato degli spettri dell’eternità.
Mi sono detto che se devo raccontare il silenzio di questa frontiera, lo racconto come in un film fantastico, di un’altra epoca, una fiaba del presente.
La storia di Voronoff s’intreccia con la storia dell’epoca. Ebreo russo, ha conosciuto i pogrom. Arriva a Parigi all’epoca della campagna antisemita dell’affaire Dreyfus. Diventa famoso e ricco, frequenta celebrità dell’epoca, amministratori coloniali francesi, gerarchi fascisti. La sua fama non lo mette al riparo dalle Leggi razziali del 1938, dalla fuga, dalla deportazione. Il silenzio della frontiera, l’oblio, la negazione del presente, la morte, la vita. Essere in vita, quale vita?
Poi ci sono le rane che cantano. Le rane che sono invisibili e sono ovunque. Animali di passaggio tra la vita e la morte, l’acqua e la terra. Le rane cantano nelle loro cisterne, canti polifonici che raccontano la fiaba del mondo. C’erano, a quei tempi, e ci sono sempre. Testimoni beffardi della storia. Avevo registrato i loro canti, nelle cisterne d’acqua sospese sulla riviera, e sono loro che mi hanno permesso di raccontare questa storia. Sono sempre lì, in vita, come se la morte non le riguardasse, come se l’avessero superata.