Abdallah e Jehad sono entrambi nati nella Striscia di Gaza, sanno poco di che cosa sia la libertà ma credono nello sport che praticano: il parkour.
Hanno passato la loro giovinezza a correre e a provare nuove acrobazie tra recinzioni, strutture bombardate e cimiteri abbandonati nella periferia di Gaza City.
Abdallah, fondatore e leader storico del Gaza Parkour Team, ha deciso di lasciare Gaza e di trasferirsi in Italia per diventare un atleta professionista. In Europa, però, Abdallah riesce a guadagnare solo il minimo indispensabile per sopravvivere ed è continuamente alla ricerca di lavoro. Non ha smesso di esercitarsi, ma la vita è più difficile di quanto prevedesse e per orgoglio evita di chiamare i suoi vecchi compagni di squadra. Jehad vive ancora segregato nella Striscia e anche lui sogna di poter lasciare quella terra martoriata. Tra il ronzio dei droni israeliani e le cure al padre malato, si allena duramente con i membri più giovani del team. Pensa che Abdallah, che non dà più sue notizie, li abbia traditi.
Un giorno Abdallah decide di iscriversi alla competizione di parkour in Svezia che tutti loro sognavano quando erano a Gaza, mentre Jehad riceve finalmente il visto che aspettava da anni, e deve decidere se abbandonare la sua famiglia per realizzare le sue aspirazioni…
Il parkour è la disciplina e l’arte di superare ogni tipo di ostacolo attraverso la corsa, i salti o l’uso di movimenti acrobatici. È evidente che c’è un collegamento simbolico molto forte tra il parkour e
la realtà che le persone affrontano ogni giorno nella Striscia di Gaza, rinchiusi come sono dentro alti muri, in una stretta striscia di terra dove i check-point e i posti di controllo sui pochi valichi disponibili, sono chiusi per la maggior parte del tempo. Non è la mia intenzione fare un film “politico”, ma la guerra e l’occupazione israeliana permeano a tal punto la vita di Gaza e dei palestinesi che vivono all’estero, che questi elementi non possono che essere costantemente presenti.
Ho voluto usare il parkour come una metafora visiva della condizione in cui questi ragazzi vivono. A Gaza infatti gli ostacoli e le barriere sono ovunque e superarli è parte della vita quotidiana di ognuno fin dalla nascita. I ragazzi del Gaza Parkour si cimentano ogni giorno in acrobazie sempre più pericolose, sfidando in maniera simbolica le barriere della realtà in cui sono nati e quel muro invalicabile che li separa dal mondo esterno. Per loro rappresenta il modo di riappropriarsi della loro terra, recuperare una libertà negata e mantenere viva la speranza in un futuro migliore.