Tra Roma e Torino si intrecciano le storie di una galleria composita di personaggi sopravvissuti alla violenza politica e al terrorismo negli anni Settanta. Luigi frequenta il collettivo universitario di Medicina di Roma e Francesco il liceo Augusto, entrambi vengono feriti a distanza di pochi giorni nell’inverno del 1974 dai neofascisti. Nella Roma delle radio libere Nunni e Anna sono femministe del collettivo casalinghe colpite dai mitra e dalle molotov dei NAR nel 1979 mentre va in onda “Radio Donna” nella sede di Radio Città Futura. Vincenzo è un poliziotto del sud, unico scampato ad un conflitto a fuoco con i brigatisti rossi a Piazza Nicosia. Renzo è un bancario colpito a Torino, insieme ad altri, nell'unico attacco compiuto da Prima Linea contro una scuola. La straordinaria ‘normalità' degli anni di piombo della gente comune: uomini, donne, ragazzi con un piede impigliato nella Storia, voci sommesse che aspettavano di essere ascoltate.
Il motore della narrazione è la ferita. Ferita reale che segna il corpo; ferita metaforica che lascia il segno sulla memoria individuale e collettiva. La ferita mette di fronte ad un bivio, segnato da un prima e un dopo. La prima è più sincera. Che uno voglia a no, sta lì tutti i giorni della nostra vita "sopravvissuta" a ricordarci la violenza subìta. Il buco nella calotta cranica, le ossa delle gambe rotte e riassestate, la pelle ustionata. La seconda, la ferita metaforica, sta nella testa e nell'anima, e può essere ambigua. Sfugge, vuole nascondersi o uscire rabbiosa, anela risarcimenti e ricostruzioni, coltiva illusioni, si agita in cerca di una strada, soffre in silenzio, si ammanta di alibi, cerca nome nell'ideologia o nel suo superamento, lotta per avere voce o per toglierla. Spera ancora o ha smesso di desiderare?