Sudafrica 1973, c'è l'apartheid ma si continua a giocare a rugby, lo sport nazionale. Tutti i paesi boicottano un paese razzista, tranne uno: l’Italia. I Sudafricani, non si fidano degli italiani: sono gracili, indisciplinati e cattolici; ma non hanno alternative. E così, un improbabile gruppo di dilettanti, con la passione per la palla ovale forma la Nazionale Italiana di rugby e parte, per amore dello sport. In poco più di un mese di questo viaggio “proibito” disputa 9 partite. Otto le perde, contro squadre composte rigorosamente da atleti di pelle bianca, giganti temuti per il loro gioco violento. Ne vince una: coi Leopards, la Nazionale di colore del Sudafrica, davanti a 25mila spettatori neri, mentre, su di una torretta, un pugno di bianchi armati di fucili controlla la folla. Durante il viaggio questi ragazzi scopriranno la bellezza e gli orrori del Sudafrica. I giocatori italiani dapprima derisi, dimostreranno il loro valore sul campo e fuori. Utilizzeranno incredibilmente il rugby come mezzo per trasmettere un messaggio di fratellanza universale.

Negli ultimi anni mi sono appassionato al Rugby, uno sport duro, ma che più di ogni altro insegna la più assoluta lealtà nei confronti dell’avversario. Sono andato alla ricerca di libri che riguardassero il rugby e grazie a questa passione ho scoperto l’emozionante libro di Massimo Calandri: "Non puoi fidarti di gente così." Sono rimasto subito folgorato da questa storia incredibile: un gruppo di ragazzi, età media 22 anni, in parte formato da dilettanti, viene selezionato da un allenatore sudafricano per fare parte di una squadra che andrà in Sudafrica a giocare un torneo. Il Sudafrica è campione del mondo, ma siamo negli anni ’70 e c’è l’apartheid. Questo è il motivo per cui sono stati invitati gli italiani: tutte le altre potenze mondiali del rugby hanno infatti deciso di boicottare il Sudafrica. Mischie, placcaggi, sconfitte, sbronze, altipiani e la costa atlantica, leoni e gazzelle, risate, amori, paure. Fuori dagli stadi, una quotidianità sconcertante gestita dalla minoranza bianca, nel momento più feroce dell’apartheid, con Nelson Mandela che 9 anni prima era stato condannato all’ergastolo. Trentacinque giorni in un altro mondo: letteralmente. Anche per l’Italia era un anno delicato: tra terrorismo (molti di quei giocatori venivano dalle squadre delle Università di Genova e Padova, dove stavano nascendo i movimenti eversivi di estrema sinistra), compromesso storico, crisi economica. Pochi giorni dopo la partenza della squadra, il timone del governo da Andreotti passa a Rumor: che nel giro di pochi mesi avrebbe proclamato l’austerity. Così inizia questa avventura pazzesca che porterà dei ragazzi a vivere delle esperienze così profonde, che trasformeranno questi ragazzi: «Siamo partiti che eravamo ragazzi. Siamo tornati uomini». Pochi sapevano cosa fosse realmente l’apartheid, la realtà li lasciò a bocca aperta. Il racconto collettivo, unisce lo sport al racconto della grande storia.

Soggetto
Francesco Catarinolo, Massimo Calandri
Sceneggiatura
Francesco Catarinolo, Massimo Calandri
Altri credits

Carlo Misischi, Roberto Caravana, Andrea Monnet, Giulia Filippini (animatori); Andrea Monnet (Character Designer, Storyboard Artist)

Interpreti

Siya Kolisi (capitano Sudafica), Ambrogio Bona, Doro Quaglio, Andrea Selvaggio, Salvatore Bonetti, Arturo Bergamasco, Angelo Visentin e altri.

Produzione
con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte - Piemonte Doc Film Fund - sviluppo giugno 2024
Ultimo aggiornamento: 20 Settembre 2024