All’interno della Casa Circondariale Santa Maria Maggiore di Venezia, quindici detenuti partecipano a un laboratorio tenuto dall’attrice, regista e psicologa Eleonora D’Urso. L’obiettivo è lavorare sulla comicità. Nel corso di otto giorni, i detenuti si metteranno in gioco in un percorso originale che ha il suo centro nella risata, così rara, difficile e trattenuta in un ambiente come quello carcerario. Una donna, sola, si mette davanti a 15 uomini per cercare di coinvolgerli in un percorso che è al tempo stesso personale e condiviso: ridere con gli altri permette di creare relazioni positive che diventano salvifiche in un contesto psicologicamente impattante come quello della reclusione. Le giornate di laboratorio diventano la scansione naturale del film, la progressione di storie che emergono dalle parole stesse dei protagonisti. Dorso duro non è un film sulla condizione dei detenuti o di denuncia sulla situazione carceraria: è un film sulle persone che lo popolano.
Con questo film si vuole raccontare, attraverso una testata esperienza laboratoriale, la possibilità che ogni essere umano ha di migliorare la propria condizione esistenziale e di vita, oltre ogni contesto. I detenuti sono spesso pensati dalla società come degli scarti, dei rifiuti che non si possono recuperare, integrare. Persone che viene comodo dimenticare. Puntare i riflettori sui detenuti non è di per sé una novità, ma raccontarli e guardarli attraverso gli occhialoni della comicità è certamente un approccio originale, che ci avvicina a un mondo che è ontologicamente chiuso, inavvicinabile e dimenticato. Il cambiamento e la trasformazione di queste persone dopo le giornate del laboratorio sono state talmente radicali e importanti nelle edizioni già svolte da Eleonora, che ci hanno spinti a voler mostrare e raccontare tutto questo attraverso un documentario.