Deniz (36), in Turchia è un attivista che gestisce pagine social da milioni di follower ed è anche un DJ molto conosciuto: tutte le sue serate, davanti a centinaia di persone, si concludono con la canzone Bella Ciao. Nel 2012 viene accusato di far parte di un gruppo terroristico informatico e da quel giorno viene perseguitato dal governo Erdogan: dalle proteste di Gezi Park alle ultime elezioni politiche, Deniz è sempre in prima linea e solo dopo che un suo amico viene ucciso e una bomba carta esplode davanti casa dei genitori, comprende di non poter più restare. Inizia così il suo viaggio lungo la rotta balcanica: un susseguirsi di solitudine e di azioni rocambolesche, mistiche e simboliche. La sua meta è la Norvegia, ma dopo mesi di viaggio si ritrova rinchiuso nel CPR di Torino. Ne esce a suon di scioperi della fame e, con la costante speranza di poter tornare da parenti e amici in Turchia, inizia a mettere insieme i pezzi per un futuro in Italia. Dopo 4 anni le speranze però sono poche, i soldi zero e la solitudine tanta, anche se un sogno rimane acceso: ricominciare a suonare.
C’è una frase che mi porto dietro da un po’ di tempo e che accompagna ormai il mio lavoro di ricerca: “tra l’uomo e il cittadino esiste una cicatrice: lo straniero.” Quando ho conosciuto Deniz a Torino ho riconosciuto quella cicatrice, perché in alcune occasioni è stata anche la mia. In continuità con i temi già trattati in precedenti lavori, con la convinzione che il film abbia un respiro internazionale e molteplici e interessanti possibilità di racconto, mettendomi in cerca di inquadrature e confini nuovi, abbiamo deciso di raccontare il passato e il presente di Deniz per dare luce a un flusso migratorio poco conosciuto (i turchi che fuggono dalla Turchia) e a una storia che mostra le innumerevoli difficoltà che si incontrano quando si è lontani dal proprio paese di origine, con uno sguardo intimo sui sogni che non si abbandonano, nonostante tutto.