Yagoub è un cinquantenne sudanese altissimo ed elegante, dalla voce calma e i modi gentili, ed è stato, prima di tutto, anche lui un rifugiato politico quando ha lasciato il suo paese nel 1989 per sfuggire al regime islamico. Ogni giorno a Torino Yagoub incontra decine di migranti che aiuta a trovare una casa, un lavoro, a studiare, a fare i documenti. Yagoub risolve problemi, rimette in sesto vite. Lavora anche a Bruxelles, dove è Vicepresidente di ECRE (European Council on Refugees and Exiles), la cui missione è proteggere e promuovere i diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo. Ogni storia che Yagoub ascolta arriva da un paese diverso, come la Nigeria di Regina, lo Yemen di Hala, il Congo di Berthin, il Brasile di Liliam. Storie che cercano un ascolto, ma anche storie di successo. Mentre Yagoub aiuta gli altri, la sua famiglia è minacciata dalla guerra in Sudan e si trova in attesa che l’unico diplomatico nero d’Europa possa farla uscire dal Paese al più presto.
C’è una frase che mi porto dietro da un po’ di tempo e che accompagna il mio lavoro di ricerca: “Tra l’uomo e il cittadino esiste una cicatrice: lo straniero.”
Questo film documentario approfondisce il mio percorso di ricerca filmico sulle migrazioni, calandosi in un mondo di stranieri ancora una volta, io e noi, un mondo fatto di frammenti persi sulle rotte della speranza, ricostruiti o dimenticati per essere cittadini di un nuovo Stato.
È un film di racconto, un film di sfida, con un eroe in difficoltà, che seppure in una posizione di privilegio nella gerarchia delle migrazioni, deve fare i conti con la realtà per poter portare in salvo la sua famiglia dalla guerra. È un film sull’aiuto, sull’ascolto e sull’azione che sta dietro questo mondo. Una mappa geopolitica che si anima e si racconta grazie all’impegno quotidiano di Yagoub.