Roberto, Domenico, Mario e Olivier sono uomini accomunati dal desiderio di costruire un futuro in cui il modello culturale maschile si allontani dalla prevaricazione e dal potere e si fondi sull’ascolto delle emozioni. Un futuro che da ragazzini non riuscivano neanche ad immaginare. All’altezza del cuore narra le loro storie e le storie che scaturiscono dalle attività che mettono in campo intersecando i percorsi di altri uomini: i cerchi di autocoscienza, i laboratori con ragazzi e ragazze delle scuole sugli stereotipi di genere e lo sportello per uomini che agiscono violenza promossi dall’associazione Cerchio degli uomini di Torino; il laboratorio e lo spettacolo di Teatro dell’Oppresso che Olivier organizza con uomini delle più diverse culture. Attraversa queste esperienze la ricerca della relazione con l’altro, da cui si diffonde in più direzioni, ancora incerto ma promettente, un nuovo modo di essere uomini, un’inedita ricerca di consapevolezza e libertà.
Immagino un impianto drammaturgico leggero e complesso a un tempo, punteggiato di rimandi interni, costruito su un doppio binario di narrazione, personale e collettivo. Sono due binari che hanno diversi punti d’interazione, in modo particolare quando la storia personale riesce ad assumere la valenza di storia di tutti. Vi corrispondono due livelli formali. Quello dei racconti diretti dei protagonisti, che trovano completamento in immagini e suoni di archivio, ha un registro di cinema documentario di creazione. Il secondo livello di narrazione segue un registro di cinema di osservazione delle azioni collettive dei nostri protagonisti, nel corso del tempo. L’ascolto discreto e silenzioso dell’osservazione, a partire dalla fase del laboratorio preparativo dello spettacolo di Teatro dell’Oppresso, viene aperto progressivamente e in limitatissime occasioni alla mia presenza in campo. C’è anche una regista, quindi, che è dentro un percorso di ricerca e si mette in gioco.
Paola Sangiovanni