"Il mio anno stranissimo" è un ritratto dell’Italia di oggi attraverso gli occhi dei ragazzi e delle ragazze fra 10 e 14 anni: il virus, la quarantena, la scuola fatta a casa, gli amici distanti, le attività sospese, la nuova normalità. I loro sogni, paure, fantasie nel tempo della pandemia.
Gli chiediamo di inviare un video in cui ciascuno racconta come ha vissuto e sta vivendo questo periodo, lasciandogli la libertà di condividere pensieri ed emozioni da “protagonisti”, davanti alla videocamera di uno smartphone, oppure da “registi”, documentando da dietro l’obiettivo quello che accade intorno a loro. E gli diamo alcuni spunti da cui partire:
• Che sogni, belli e brutti, hai fatto in questo periodo?
• Un libro / un film / una serie che ti ha tenuto e/o ti sta tenendo compagnia
• Cosa ti manca di più della scuola durante la chiusura?
• Dove sogni di andare in gita?
• Qual è la cosa più bella o più brutta di questo periodo, che non dimenticherai mai?
• Come lo disegneresti, questo periodo?
"Il mio anno stranissimo" è un viaggio nel mondo preadolescenziale: il lockdown è un momento di stasi, certo, ma anche di scoperta e di nuove prospettive. Prima delle chiusure ho incontrato molti studenti delle medie per parlare del mio libro "Ombre che camminano", una storia di fantasmi incentrata proprio su quella stagione della vita.
Ebbene, dialogare alla pari con quei ragazzini mi ha arricchito ben più di quanto mi sia successo in anni di presentazioni nel mondo degli adulti. A quell'età non si è più bambini ma non si è ancora ragazzi: li chiamiamo ragazzini, ed è curioso che ci voglia un diminutivo per rappresentarli.
Una fase di trasformazione così delicata è stata ed è ancora vissuta sostanzialmente da reclusi: un'occasione unica per cogliere le loro sensazioni e sentire le loro voci, le meno ascoltate di questi mesi. Credo che guardare a questo tempo così drammatico e complesso attraverso il punto di vista di chi ha fra 10 e 14 anni possa aiutare tutti a pensare al futuro e a come renderlo migliore: una grande chiamata alla responsabilità sociale e civile. A partire da poche linee guida (solo una traccia per aiutarli a strutturare i loro pensieri) ascolterò le loro storie con attenzione e rispetto, e proverò a raccontarle con una libertà creativa che eviterà ogni teatralizzazione, per non influenzare le loro confessioni e mantenere un tono sì alto, ma anche leggero: un’atmosfera eterogenea, un po’ magica… più vera e pura di quella degli adulti.