Dino ha venticinque anni e ferventi ideali comunisti, alimentati da un lavoro precario in un call center torinese. Studente di cinema al DAMS, decide di girare un documentario per denunciare lo sfruttamento a cui sono sottoposti lui e i colleghi. Ma la sua videocamera riprende una realtà ben distante da quella di un film di Ken Loach.
Tra clienti maleducati, colleghi menefreghisti e ricatti dei superiori, Dino deve imparare ad adattarsi a un mondo cinico dove una pancia piena conta più di qualsiasi ideale.
Nato da reali esperienze vissute dagli autori, il progetto Non esattamente Ken Loach vuole portare innovazione nel panorama artistico strizzando l’occhio a tematiche quotidiane, contemporanee e spesso discusse. Il genere mockumentary conferisce al progetto una forte internazionalità, mentre i personaggi dai comportamenti e pensieri molto “italiani” rendono la storia estremamente verace e nostrana. L’intenzione del regista è quella di immergere completamente lo spettatore nella quotidianità lavorativa di Dino mostrando, in chiave comicoparodica, un quadro della situazione del precariato in Italia. Con rapidi movimenti di camera, personaggi dinamici e situazioni grottesche, il progetto non vuole annoiare o deprimere lo spettatore, ma farlo divertire suscitando però un riso amaro. Una scala di grigi emotiva, tra l’altro, sempre presente nei lavori del regista Stefano Moscone, anche per questo ritenuto ideale dalla produzione.