Un muro di cemento si erge imponente e invalicabile. La carcassa di un pallone da calcio, sgonfio e ingrigito dagli anni, pende come un monito nel filo spinato che serpeggia in alto, mentre in basso dei soldati sorvegliano il muro: nessuno deve toccarlo.
Tuttavia, quando cala la notte, un ragazzo si avvicina silenzioso, poggia al cemento una scala telescopica e, armato di pennello e colori, dipinge sul muro il proprio dissenso. Un uomo, in auto, attende paziente nel traffico di un incrocio. Quando la strada si libera, ingrana la marcia e si lascia alle spalle il cartello rosso che, dal centro della carreggiata, ammonisce: proseguire in quella direzione è pericoloso.
Centinaia di donne sfilano in corteo, tra canti e slogan, fino a raggiungere il Parlamento. Una di loro prende un megafono e si fa portavoce di tutte le altre: nessuna vuole più mandare i propri figli in guerra.
Nel frattempo, intorno a loro, Gerusalemme splende. Pellegrini e turisti si incrociano lungo percorsi tracciati da millenni di devozione, ma spostando appena lo sguardo tutto si rimescola come dentro un caleidoscopio, rivelando una terra spezzata.
Gerusalemme è una città plurale: Yerushalayim, in ebraico, Città della Pace; al-Quds, in arabo, la Santa. Tuttavia, chi ci vive non sempre riesce a chiamarla “casa”.
C’è una Gerusalemme nascosta dietro al velo della narrazione che dall’alba dei tempi si fa di essa. Accompagnati da Wajeeh Nuseibeh, attuale Custode del Santo Sepolcro, solleveremo quel velo di retorica per addentrarci nella città alla ricerca delle forme – autentiche e contradditorie – che la plasmano. Wajeeh e la sua famiglia, investiti del compito millenario di custodia del Sepolcro, sono l’innesco di un racconto in cui scopriremo le altre comunità, insieme ai dubbi, le certezze e i miti su cui si fondano.Ci arrampicheremo sull’albero genealogico dei Nuseibeh e, simbolicamente, su quello di Gerusalemme stessa, per guadagnare un punto di vista privilegiato e, da lì, vedere dove tali storie si sfiorano, si intrecciano o si perdono. Qualche gesto rituale, una grossa chiave di metallo e una scaletta di legno, renderanno attuale la leggenda, per accompagnarci lungo una linea temporale in cui al portone del Santo Sepolcro ci sarà sempre un Nuseibeh.