Due storie, due epoche, due tecniche narrative apparentemente incapaci di comunicare fra loro. Un ingrediente, il baccalà, che le lega a doppio filo e le mette per la prima volta in conversazione.
Da un lato viaggiamo con l’equipaggio del veneziano Pietro Querini, nel 1431. Naufraghiamo insieme a loro, provando fame, sete, paura della morte. Per noi, come per loro, l’approdo di fortuna fra i ghiacci di Røst e il sapore del baccalà, mai conosciuto prima, rappresentano la salvezza.
Sull’altro versante della storia partecipiamo a una tavolata che ha luogo qui, oggi, in cui tutti i commensali hanno un debito nei confronti di Querini: pasteggiano a baccalà. Il loro viaggio non è meno vertiginoso: attraversa generazioni, lutti, memoria e identità.
Il baccalà, pur indissolubilmente connesso a un tempo e un luogo precisi, ovvero marzo e aprile alle Lofoten, quando i merluzzi raggiungono le isole per deporre le uova e il clima è ideale per l’essiccazione, è un migrante capace di far sentire a casa popoli di parti diverse del globo con un solo boccone. Le sue memorie sono patrimonio intimo e collettivo e vanno custodite con cura.
Le Memorie del Baccalà è frutto di una ricerca iniziata a Venezia nel 2015.
Il mio intento è quello di allargare il campo di quella ricerca senza tuttavia perdere il fulcro tematico: storia, memoria ed identità da una parte; cibo, cultura e integrazione dall’altra.
Il baccalà protagonista di questa storia è un bene da curare e preservare ed è raccontato attraverso la compenetrazione di due tecniche stilistiche e filoni narrativi.
Da un lato il viaggio del Querini, il primo importatore di baccalà, che sarà raccontato con la tecnica dello stop motion.
Dall’altro le storie di chi ancora adesso mantiene viva la tradizione culinaria del baccalà.
Raccontare Le Memorie del Baccalà in un’epoca come la la nostra, significa raccontare una storia dove le culture si influenzano a vicenda e i flussi migratori diventano non solo determinanti per la creazione dell’identità di un paese ma anche migliorano i Paesi di arrivo.
È mio intento chiudere il ciclo narrativo ed espressivo con una nuova installazione artistica che diventa restituzione e condivisione della ricerca svolta in questi anni.