Ho fortemente voluto fare questa serie perché mi sembrava che fosse, particolarmente in questo momento storico, “necessaria”. Necessaria perché parla di donne, donne che oggi, purtroppo, sono spesso al centro della cronaca; necessaria perché parla di come sia labile il confine tra verità e menzogna, di come sia facile, attraverso i mezzi che la tecnologia ci mette a disposizione, raccontare storie, generare notizie che immediatamente vengono date per vere, per certe, indipendentemente dal fatto che lo siano o meno e di come quelle storie, postate in un attimo, magari senza pensarci, ti inseguano poi per sempre senza poterle più eliminare o rettificare.
Uno dei temi della serie, è infatti la menzogna nelle sue più varie sfaccettature, da quelle più piccole e quotidiane, dette alle mogli, ai fidanzati, ai figli, al lavoro, a quelle più grosse raccontate per proteggere errori o addirittura reati. In questo senso tutti noi, tutti i giorni, senza pensarci o senza rendercene conto, recitiamo una parte, la nostra parte, per proteggere la nostra versione dei fatti.
La forza della serie sta proprio nell’equilibrio del racconto, nello stare sempre a metà ed equidistanti da entrambe le parti, sta nel disperato esercizio di entrambi i personaggi di professare la propria innocenza e di combattere nella convinzione di avere subito un grave torto o una grave violenza. E questo equilibrio, questa partita a due, diventa uno straordinario esercizio attoriale.
Ed è per questo che nella realizzazione di questa serie, ancora più che in altre, uno degli elementi cruciali è stato la scelta degli attori. I due protagonisti, Greta Scarano e Alessandro Preziosi, ma anche i vari coprotagonisti - la sorella, l’ispettrice che indaga, il suo collega, l’ex fidanzato... tutti questi ruoli, insieme anche a quelli minori sono stati determinanti per la riuscita di questa serie. L’intensità della storia, la complessità emotiva di alcune scene e la verità che da queste scene doveva trasparire, richiedevano un parterre di attori che fossero assolutamente perfetti, calati nei loro ruoli in maniera totale.
Quindi, dopo aver portato a termine la delicata scelta del cast, il passo successivo è stato quello di cercare di stare loro il più possibile vicino, vicino ai loro volti, alle emozioni, alle paure, ai pensieri che quei volti raccontavano. A rendere la macchina da presa quasi invisibile, ma allo stesso tempo presente nel registrare in modo implacabile quei racconti e quelle diverse versioni che ognuno di noi ha della propria verità.
Trattandosi di un thriller, nel quale i minimi dettagli vengono scannerizzati e valutati con attenzione dallo spettatore, con Greta e Alessandro non abbiamo mai potuto permetterci distrazioni, sapevamo che ogni sfumatura od ogni accentuazione nel modo di recitare od ogni minimo gesto sarebbe stato valutato, analizzato e interpretato come un importante tassello per comprendere i personaggi e il loro percorso all’interno della storia.
Un altro ingrediente fondamentale nella preparazione di questo thriller è stato la scelta degli ambienti e della città in cui collocare la nostra storia. In un giallo le scenografie, le case, le vie, le piazze e i posti dove si consumano le azioni dei protagonisti sono determinanti ancor più che in altre storie.
Torino è la città che abbiamo scelto. Una città contemporanea, mitteleuropea, le cui dimensioni, né troppo grande, ne troppo piccola, rendevano credibili i vari passaggi della vicenda. In oltre la città, in quel miscuglio di passato e presente, di vecchi quartieri popolari che stanno cambiando volto diventando nuove zone trendy, quei baretti di periferia a contrasto con i locali ipertecnologici del centro hanno dato sapore e personalità alla storia. Una storia che coniuga bene, credo, intrattenimento con un racconto dalle profonde venature sociali.
Gianluca Maria Tavarelli