Il tema dei migranti paga quotidianamente dazio alla moderna società dei media: l’assuefazione, il downgrade a notizia di cronaca, la strumentalizzazione retorica a fini politici. “Migranti” diventa quindi un’espressione abusata, violentata, vilipesa. Per questa ragione mette a disagio far distinzione fra migranti scomparsi in mare e quelli scomparsi una volta arrivati in Italia. Moltissimi i minori, che dopo la registrazione effettuata dalle nostre autorità, scompaiono nel nulla. In Tunisia le madri, le mogli, le sorelle, condividono il dolore e cercano di coordinare la ricerca dei loro Ikhtafa, parola che negli ultimi anni designa ormai quasi univocamente gli uomini partiti dopo il 2011 e mai più ritrovati. Molte canzoni popolari raccontano questo destino, odissea del reale, ordito di singoli nella confusione dei molti. E il sentimento che le ha generate è ciò che si prefigge di raccontare, col linguaggio del cinema documentario, "Foglie d’Acqua".
Lo sviluppo di questa idea segue il tema della Memoria. Per la prima volta un movimento capeggiato da donne si organizza dalla sponda africana del Mediterraneo e rivendica un diritto, il diritto di sapere dove sono i figli dispersi. I tunisini non possono esercitare il diritto alla libera circolazione. Per loro, come per milioni di altre persone, l'unica soluzione è affidarsi alla rete dei trafficanti, una rete che spesso ha ramificazioni anche dopo l'arrivo. Un dedalo di misteri nel quale gli Ikhtafa vagano. Nel febbraio scorso è nata una Commissione, incaricata di comparare le informazioni raccolte dai servizi italiani e tunisini. I familiari dei dispersi, tuttavia, dicono di non essere soddisfatti perché nessuno di loro, né i loro avvocati, possono partecipare agli incontri. Ma il nostro documentario non vuole essere un'inchiesta, non busserà alle porte del potere per ottenere spiegazioni, ma cercherà di condividere il sentimento di chi vive l'Assenza ogni giorno, come una clessidra che scandisce ogni istante di queste vite sospese nell'attesa.