Un coro da stadio scandito da colpi di tamburo: «I campioni dell’Italia siamo noi». I Drughi, gli ultrà della Juventus, stanno festeggiando nel centro di Torino il settimo scudetto consecutivo vinto dalla squadra bianconera durante il campionato 2017-2018. Fumogeni, fuochi d’artificio, bandiere tricolori ci introducono al gruppo degli «anziani», quasi tutti diffidati, e al gruppo dei «giovani». Nel corso del film i protagonisti raccontano cosa la curva abbia rappresentato per loro nel tempo: una fuga, una famiglia, un rito arcaico attraverso cui dar sfogo al proprio istinto.
«Attraverso le storie dei protagonisti si affrontano le trasformazioni sociali e ideologiche che il nostro paese ha attraversato in questi decenni. I protagonisti non sono solo i “cinquantenni” personaggi dei miei film precedenti, ma studenti, operai, disoccupati che vivono grazie alla comune fede juventina che, come allora, è l’unica condizione in cui si sentono protagonisti, si riconoscono in un gruppo, in una fede. Lo stadio, che rimane sullo sfondo, è un luogo simbolico che racconto attraverso le vite di chi lo popola».