Umberto Bossi è un attore.
E nell’arco della sua vita ha interpretato personaggi differenti non sempre in accordo fra loro.
È il cantautore impegnato che partecipa nel ’61 al Festival di Castrocaro sotto il nome di Donato.
È il medico condotto che sposa la commessa Gigliola Guidali, salvo poi dover spiegare, a nozze avvenute, che la laurea in medicina lui non l’ha mai presa e forse non vuole neppure più fare il medico.
È il poeta dialettale che compone versi sull’ecologia, sul
socialismo e la lotta di classe.
È il politico razzista, populista e trascinatore di folle, che attinge a leggende e simboli celtici per creare un movimento politico capace di mettere in crisi l’unità nazionale dell’Italia.
È, dopo la misteriosa notte del 10 marzo 2004, quella maschera sofferente che continua nonostante l’età, le malattie e gli scandali a fumare il sigaro, a partecipare ai comizi in canottiera e a tentare in tutti i modi di riprendersi quel partito grazie al quale interpreta il ruolo che lo ha reso più famoso: il senatùr.