Claudio, ex-chirurgo, si è accorto che spesso ci si dimentica dei pazienti dopo un’operazione che non li ha guariti e nel 1997 a Torino ha fondato “Luce per la vita”, un’associazione che si occupa di cure palliative, che oggi ha in capo l’hospice “Anemos”. Qui il grande dolore dei suoi ospiti sembra alleviarsi, diventare silenzioso, sacro. Claudio è l’ultimo accompagnatore: egli raccoglie gli sguardi definitivi di alcuni degenti, guidando i malati in passi spirituali che attenuano lo sgambetto della malattia e la pressione della morte imminente, li aiutano a scovare difficili, eppure possibili, scampoli di serenità.
C’è chi dice che senza aver amato la vita non si può comprendere la morte. Sembra un paradosso, però è così. Se si guarda “Anemos” e se ci si concentra sugli ospiti che vi risiedono, pare chiara una cosa: la morte può capitare solo a chi è vivo.
In L’ultimo accompagnatore ho scelto di raccontare la morte attraverso la vita. Perché sì, gli hospice sono luoghi dove vengono accolti i malati terminali, coloro che, a tratti, patiscono uno straziante spegnimento; ma questa è solo la punta dell’iceberg: nel mondo degli hospice c’è molto di inaspettato, tanto di più, un pieno di cose che hanno a che fare parecchio con l’esistenza... Perché rappresentare la morte attraverso la vita si può fare se si è convinti (come si avverte lì) che la morte faccia parte del ciclo dell’esistenza, di cui tra l’altro è l’unica cosa certa. E chi lavora nell’hospice “Anemos” di Torino tutto questo lo sa.
Sì, l’hospice è un luogo che contiene il dolore, la disperazione, però proprio questo lo rende un posto sacro, dove si consuma il rito definitivo dell’abbandono del corpo, del termine di questa nostra avventura.
Mario Balsamo