Cesare, dopo la morte prematura dell’amata moglie Adele, vive da solo. Passa il tempo intagliando il legno, in compagnia della cagna Micol. Da dietro i vetri della sua baita le montagne incombono sull’alta Val Formazza. Su quelle creste scoscese, che lui conosce palmo a palmo, passa il confine fra l’Italia e la Svizzera. Cesare è stato un leggendario spallone, ha contrabbandato sigarette, denaro, oro e preziosi, ha accompagnato oltre confine ricercati, clandestini e profughi di tutte le guerre. Da quando, però, a passare il confine è soprattutto la droga, si è tirato indietro. Lui, da sempre anarchico e ribelle, non vuole avere a che fare con la malavita organizzata. Lo ha rimpiazzato Fausto, suo nipote, un giovane coraggioso e sfrontato che ha fama di sciupa femmine. Cesare ha cercato di dissuaderlo senza riuscirci, poi l’ha lasciato perdere. I due, un tempo inseparabili, non si parlano più. I rintocchi del campanile di Riale, il paese a valle della baita isolata, segnano il tempo immobile della montagna. Cesare ha cinquant’anni e conserva il fisico possente dell’alpinista. Non è raro incontrarlo quando cammina di buon passo nei boschi come un lupo solitario, silenzioso e disilluso. La vera vita, le avventure, l’amore sono stati e non ritorneranno, lui lo sa, se non come ricordi, immagini sfocate che accendono la nostalgia e riempiono di amarezza il vuoto di un tempo naturale, sigillato nella pietra della montagna, nella luce chiara delle vette, nell’ombra che al tramonto inghiotte la valle. A Riale, quando passa per strada, i benpensanti trovano sempre qualcosa da bisbigliargli alle spalle. Lo chiamano il Francese, sia per le sigarette Gitanes che fuma in continuazione, sia per il suo passato. Da ragazzo, emigrato in Francia, ha vissuto a Marsiglia, ha fatto il marinaio battendo, sui mercantili, le rotte del Medio Oriente: Istanbul, Beirut, il Pireo. Per una rissa finita male si è fatto cinque anni di galera francese. Quando è uscito è tornato alle sue montagne. E’ allora che, disdegnando il paese, si è costruito con le sue mani la baita solitaria dove ancora vive. E’ allora che ha saputo conquistare la donna più bella di Riale, la sua Adele, strappandola ad una ricca famiglia di timorati borghesi. E’ allora che ha cominciato a battere i passi e le vette, a sfidare la legge e le chiacchiere dei paesani, a guadagnare in una notte quello che un cristiano qualunque guadagna in sei mesi.
Sergio ha solo diciassette anni, vive con il padre/padrone, Nelino, in una malga sperduta sull’alpeggio.
Pascola le mucche, le munge e fa il formaggio. La sua vita è quella del servo, uniche distrazioni le birre scolate coi suoi amici, tre di numero. Sua madre è fuggita da quella vita grama e dalle botte del marito.
Sua zia, Elvira, fa la fornaia, è bella come il sole, Sergio è innamorato di lei, se la sogna, di notte, tutta nuda e bianca di farina. Ad occhi aperti, invece, mentre obbedisce ai secchi ordini del padre, sogna di scappare da lassù, magari per andare a cercare sua madre. Un giorno, sui pascoli della Balma Rossa, sulle tracce di una mucca smarrita, con grande sorpresa incontra Fausto che l’aiuta a ritrovarla. Pochi giorni dopo, sotto la prima neve dell’anno, Cesare trova il cadavere di Fausto che galleggia in un piccolo lago vicino casa. Le prime indagini dell’appuntato Boerio rivelano che il giovane è stato ucciso con due colpi e poi gettato nel laghetto.