Sei fratelli si incontrano per costruire una bicicletta.
La costruzione diventa un gioco per un gruppo di adulti alla ricerca di memorie d’infanzia ma anche un momento di condivisione di ricordi e memorie sul padre.
Il padre, Angelo, mio nonno, era stato imprigionato nel campo di concentramento di Bergen Belsen nel 1943.
Dopo un anno, viene miracolosamente selezionato da una famiglia tedesca per lavorare nei loro campi agricoli.
Il bambino della famiglia, Edmund, si rivolge a lui come ad un fratello maggiore. I due, diventati inseparabili, fabbricano insieme una bicicletta.
La bicicletta diventa un mezzo di fuga per Angelo, che pedala per 1500 chilometri con lo scopo di tornare a casa, in Italia.
Quindici anni dopo, Edmund riesce a contattare il vecchio amico. Da quel momento, le due famiglie crescono insieme e rimangono in contatto sino alla morte di Angelo.
Un altro incontro, quello fra uno dei figli di Angelo, Moreno (mio padre), e il figlio di Edmund, Uwe, avviene a distanza di quindici anni dall’ultimo ritrovo.
Moreno parte da Mantova per arrivare a Minden, ripercorrendo il tragitto tracciato da Angelo nel 1945.
L’incontro con Uwe è intenso, passato e presente si mescolano, le conversazioni surreali fra due lingue diverse hanno pertanto una loro logica. Video d’epoca, fotografie e lettere tornano alla luce. Nel mentre, la bicicletta ricostruita dai fratelli è terminata, pronta per ricominciare a pedalare.
Quattro anni fa ho regalato un diario a mio padre e gli ho chiesto di scrivere quello che si ricordava della fuga in bicicletta di suo padre, Angelo, dalla Germania, nel 1945.
Il diario si è riempito velocemente di disegni, appunti, e pensieri sparsi. Da qui è iniziato un percorso di ricerca per ricomporre la storia di mio nonno e della sua amicizia con Edmund, il bambino Tedesco che lo aiutò a costruire la bicicletta utilizzata per la fuga.
Analizzando gli appunti del diario, un dettaglio sulla ricostruzione della bicicletta mi aveva particolarmente colpito: I due amici avevano sostituito la camera d’aria con tappi di sughero, rendendo cosi la ruota molto pesante ma praticamente indistruttibile.
Ho deciso di sperimentare il funzionamento di questa scelta con mio padre e i suoi fratelli, chiedendogli di ricostruire da zero una bicicletta utilizzando lo stesso metodo.
Durante la ricostruzione la condivisione dei ricordi è stata intensa e la memoria ha preso forme più precise e definite.
In seguito a questa esperienza, ho deciso di contattare Uwe, il figlio di Edmund, e di visitarlo. Uwe, con mia grande sorpresa, ha raccolto negli anni tantissimo materiale riguardante i viaggi della sua famiglia in Italia, video in super8, fotografie e lettere.
Attraverso il materiale raccolto, potente e frammentario allo stesso tempo, vorrei riuscire a raccontare la storia di due incontri, quello fra Angelo e Edmund, e quello fra Moreno, mio padre, e Uwe, incorniciando il tutto con la costruzione della famosa bicicletta.