Van è un manutentore di pozzi petroliferi in Texas, lavora nel deserto all’interno del più grande giacimento degli Stati Uniti. Danilo è il capo macchina di una nave cargo transoceanica, vive ogni giorno nel cuore dello scafo dove risiede un mastodontico motore.
Andrea è uno scienziato italiano, ha passato la propria vita tra le formule matematiche e il silenzio assoluto delle camere anecoiche.
Vito ha passato metà della propria vita gestendo le slot machine nei bar e nei bordelli svizzeri, oggi è il responsabile di una immensa fossa di rifiuti in cemento armato di un grande termovalorizzatore.
Questi uomini sono inconsapevolmente alla base della lunga sequenza di creazione, trasporto, commercializzazione e distruzione degli oggetti che alimentano la bulimia del nostro stile di vita. Questi uomini fanno parte della stessa storia senza essersi mai incontrati.
Gli oggetti di cui pensiamo di aver bisogno ogni giorno iniziano e finiscono il loro viaggio all’interno di luoghi industriali e scientifici meccanicamente isolati e spettrali. Questi uomini sono monaci all’interno di templi di acciaio e cemento e ripetono nel silenzio, nella solitudine e nella privazione la stessa liturgia meccanica ogni giorno, convivendo ognuno con i propri fantasmi del passato.
Denoise è una catena poetica.
Beautiful Things è un viaggio, una storia in quattro atti dove immagini, parole e suoni sono insolubili tra loro. Quattro mondi che si intersecano in cui perdersi. I protagonisti del film conducono vite lontanissime dalle nostre ma i loro fantasmi nell’armadio ci fanno sentire parte di un unico disegno.
Il film è stato scritto con un approccio musicale, come una partitura in cui le note, le immagini e le parole hanno lo stesso peso e ognuna cerca la propria geometria tra le righe.
Il film è dedicato a noi che non sappiamo vivere senza collezionare oggetti semi inutili. A noi tossici viziosi, bulimici accumulatori. A noi che non riusciamo a vivere nel silenzio. A noi che non riusciamo ad addormentarci senza Netflix nelle orecchie. A noi che accettiamo l’idea che la vita possa precederci ma non che i nostri oggetti ci possano sopravvivere.
Questo film è un modo per sfuggire il nostro stile di vita da cui non riusciamo ad uscire in alcun modo. I brevi quadri della quotidianità di una coppia che si intersecano all’impianto narrativo principale del racconto sono le vite degli autori del film stesso. La generazione dei robottini, delle prime chat porno, dei peluche dell’Ikea. Nel film abbiamo cercato di raccontare tutta la nostra malinconia, l’urgenza di tornare a respirare in silenzio, liberi dalla compressione di una vita immolata al rumore.
Questo è il nostro urlo e abbiamo cercato di tradurlo in un canto.