1978.
Pier Felice Filippi aveva 23 anni, fu rapito dalla ‘ndrangheta. Dopo 78 giorni di prigionia riuscì a liberarsi, a fuggire, e far arrestare i suoi rapitori.
Attraverso il racconto diretto del protagonista, della famiglia e degli investigatori, ricostruiamo la prigionia e la pianificazione della fuga di Pier Felice. In parallelo, grazie alle registrazioni originali delle telefonate fra i rapitori e Giors, rivivremo la battaglia di un padre nel tentativo di restituire la libertà al figlio, con mezzi leciti e… non solo.
Pier Felice sa che sta per affrontare la sfida più importante della sua vita ma è una gara che dovrà correre andando più piano possibile, mantenendo lucidità e freddezza. "Va piano ma vinci" ripeteva sempre la madre prima di ogni gara, mai come in quei giorni quella raccomandazione gli diede la forza di non arrendersi.
Pier Felice era un pilota automobilistico di rally. Appena rapito si finge svenuto, viene caricato nel portabagagli e riesce a mettere a fuoco il percorso dell'auto, capisce di essere vicino Savona e appena ne ha la possibilità cerca di comunicarlo alla famiglia. "I am near sv" sono le prime lettere con cui inizia ogni frase scritta nel biglietto che i rapitori lo costringono a scrivere per convincerli a pagare il riscatto, ma il messaggio criptato in verticale non verrà colto né dalla famiglia né dagli investigatori.
Trascorrono i giorni, Pier Felice è guardato a vista, perde la cognizione del tempo e dello spazio ma non la lucidità per incastrare uno ad uno i pezzi del puzzle che lo condurranno verso la libertà. La famiglia Filippi aveva già vissuto il dramma della perdita di un figlio, Giancarlo, fratello maggiore di Pier Felice. Sono trascorsi 24 mesi. Pier Felice non lo sa, ma il giorno dell'anniversario di quel drammatico incidente è lo stesso in cui riuscirà a mettere fine alla sua prigionia.
Questa, è la storia della sua fuga.
“Il mio nome è Pier Felice Filippi. Nel 1978 avevo 23 anni. Fui rapito a scopo di estorsione. Pensai: “devo farcela da solo”. Ero guardato a vista da un carceriere armato e legato con una catena di ferro. Sono scappato. Ma dovevo completare l’opera. Far arrestare tutti i miei carcerieri. E ci sono riuscito”.
E’ la presentazione del docu-film opera prima della regista piemontese Alice Filippi, prodotto dalla Mowe e finanziato dal MIBACT e dalla Film Commission Torino Piemonte - Piemonte Doc Film Fund.
1978-2018. A 40 anni dall’anniversario, la figlia trasforma la storia del padre in un film, facendo rivivere quei giorni attraverso un doppio sguardo. Da un lato i racconti del protagonista, accompagnati da attente ricostruzioni, e dall’altro l’angoscia di Giors, padre del rapito, attraverso la “negoziazione” con i rapitori, documentata dalle registrazioni originali.
Girato con la RED in cinemascope, è un documentario che usa un linguaggio narrativo inusuale, al confine tra documentario “tradizionale” ed un vero e proprio film. La giovane regista ha colto l’occasione di sperimentare raccontando una vicenda intima e familiare, utilizzando un linguaggio registico ed autoriale molto personale ed identificativo.
Le ricostruzioni ambientate nella provincia di Cuneo degli anni ’70 sono il fulcro del film, raccontate dallo stesso protagonista e arricchite dalle testimonianze di chi ha partecipato attivamente alle indagini. Tra le interviste c’è anche il punto di vista della ‘ndrangheta, grazie alla testimonianza di un collaboratore di giustizia che vive sotto protezione, legato strettamente ai rapitori che parteciparono al sequestro.
“VA PIANO MA VINCI”, è la frase che gli diceva sempre sua madre prima di un rally (Pier Felice è stato campione italiano di Rally), voleva dire “usa tutta la tua intelligenza per dare il meglio di te, non rischiare, ma cerca sempre di vincere”. Nel momento di una fuga il primo istinto è quello di scappare, di volare via, Pier Felice invece, ha dovuto ponderare ed aspettare il momento opportuno per raggiungere la vittoria più bella della sua vita.