Domenico Quirico, l’ultimo grande inviato ancora in attività, rapito in Siria l’8 aprile 2013 e liberato dopo 152 giorni di prigionia, rievoca il percorso di una vita spesa a collezionare frammenti di vite altrui e ridiscende in quel pozzo in cui la privazione della libertà e della dignità, per la prima volta, lo hanno costretto ad accomunare il proprio destino a quello dei protagonisti dei suoi racconti.
La sua voce ci accompagna a ricostruire quel momento e ci conduce lungo le traiettorie oggetto dei suoi racconti. Parola che, nel film, si coniuga all’azione. Accanto agli incontri con l’autrice che costruiscono il tessuto narrativo del film, ci sono le immagini del corpo del reporter in azione. Per la prima volta il giornalista che non ha mai lavorato né con filmmaker né con fotografi, accetta di condividere la propria esperienza sul campo, lungo il fronte russo-ucraino. Un viaggio che proseguirà poi lungo altri fronti e che, inevitabilmente, condurrà al luogo «dove tutto è cominciato e tutto è finito», la Siria della prigionia, perché «il ritorno non è a casa, il ritorno è lì».
Un film-intervista che ripercorre le tappe di un racconto lungo quanto una vita e consegna allo spettatore il ritratto di un uomo-simbolo, tanto per i lettori legati a un modo di fare giornalismo «che alcuni trovano ridicolo, antiquato, barocco, superato, inutile, ma che è il mio», come ai giovani aspiranti reporter delle nuove generazioni.

Ho pensato a Domenico Quirico come voce e volto di questo film quando era prigioniero in Siria. E non ho smesso di farlo quando è stato liberato.
La personalità di Quirico è unica nel giornalismo italiano. La qualità del suo racconto, la profondità della sua partecipazione alle vicende di cui dà conto vanno molto oltre il valore informativo degli articoli che vengono pubblicati sul giornale. Quirico è al 100% giornalista perché ha sposato l’etica della professione e i modi di indagine che le sono propri, ma è anche e soprattutto un indagatore della condizione umana.
Dalle telegrafiche comunicazioni dei primi incontri siamo approdati a lunghi dialoghi più personali. Insieme abbiamo concordato di filmare una serie di incontri-confessione. Fino alla decisione di partire per uno dei fronti che l’inviato della Stampa ha raccontato nel corso della sua carriera: l’Ucraina e il conflitto con i ribelli filo-russi.
Parola e azione si specchiano dunque nel film: il modus operandi del reporter sul campo rivela come il suo sguardo nel corso degli anni si sia formato e come si sia posato sugli eventi e sugli uomini che ne sono gli artefici e i protagonisti. Includendo se stesso e il proprio percorso esistenziale nel quadro finale.
Indispensabili gli apporti d’archivio, forniti dalla Stampa, dalla Rai, da Quirico stesso.
Un riferimento importante per le riprese – che sono state effettuate nel suo studio, scenario privato ed eloquente – sono i film-intervista di Errol Morris. La voce dell’autrice è una presenza discreta: il racconto non è un soliloquio, è un dialogo come è sempre stato il lavoro di Quirico.

Regia
Paola Piacenza
Soggetto
Paola Piacenza
Sceneggiatura
Paola Piacenza
Fotografia
Ugo Carlevaro
Montaggio
Valentina Andreoli
Suono
Daniele Vascelli
Interpreti
Domenico Quirico
Produzione esecutiva
Luca Mosso
Produttore
Frenesy Film
Produzione
Frenesy Film Company Srl (Roma)
con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte e Regione Piemonte - Piemonte Doc Film Fund - produzione luglio 2015)
Contatti
Frenesy Film Company (Daniela Venturelli)
Ultimo aggiornamento: 20 Ottobre 2016