Borsalino è la storia della fabbricazione di un mito. Negli anni d'oro di Hollywood tutti indossano un "borsalino", ma ciò che pochi sanno è che questo cappello viene fatto ad Alessandria, una piccola città di provincia del Nord ltalia, in una fabbrica capitanata dalla stessa famiglia per oltre 120 anni.
Tutto ha inizio con Giuseppe Borsalino che, dopo aver ottenuto il titolo di "Mastro Cappellaio" a Parigi, nel 1857 apre con il fratello Lazzaro la prima follatura ad Alessandria. ln pochi anni la produzione cresce rapidamente, passando dai 35 cappelli al giorno ai 2000 di fine secolo. Le intuizioni importanti di Giuseppe sono due: industrializzare la produzione del cappello e cercare nuovi mercati. È lo stesso Giuseppe a partire per lunghi viaggi con lo scopo di commercializzare il suo cappello, prima esplora i mercati Europei e Sud Americani, poi arriva negli Stati Uniti e infine in Australia e Nuova Zelanda.
Grazie anche a una rete di abili venditori, alla fine del XIX secolo la reputazione dell'ottima qualità del cappello Borsalino ha armai raggiunto il mondo intero. Teresio Borsalino eredita la fabbrica alla morte del padre nel 1900, ma la strada verso il successo non è priva d'ostacoli. Suo cugino Giovanni Battista infatti, offeso per l'affronto di non aver ereditato l'attività, decide di installare in Alessandria un proprio cappellificio, sotto il nome "Borsalino fu Lazzaro & C". lnizia, fra i due cappellifici, una furiosa battaglia a colpi di manifesti e filmati industriali, che durerà fino a quando la "Nuova Borsalino", nel 1938, verrà riassorbita dall'Antica casa madre. Nei primi due decenni del secolo, il nome "Borsalino" rimbalza da un continente all'altro, accompagnato da campagne pubblicitarie che hanno lo scopo, da una parte, di consolidare e mantenere la clientela storica, l'alta borghesia, e dall'altra, attirare l'industria del cinema e della cultura, allora in grande espansione. Da quel momento, la Borsalino ricerca nuovi modi per promuovere il marchio, compresa la produzione di film industriali di grande valore estetico. Questa direzione coincide negli anni 20 con la nascita dell'industria cinematografica hollywoodiana e dello star system da un lato e con l'avvento della figura del gangster dall'altro. Personaggi come Lucky Luciano, Al Capone e John Dillinger indossano il "borsalino" e a loro il cinema si ispira. Attraverso il genere noir il Borsalino entra nell'immaginario collettivo, diventando sinonimo di cappello. Ciò che accomuna gangsters, poliziotti e investigatori privati è il “fedora”, il cappello a tesa larga, la cui ombra crea personaggi oscuri e aumenta il senso di mistero. ll Borsalino si diffonde rapidamente in tutti i generi cinematografici, apparendo nei film d'avventura, nelle commedie romantiche, nei musical; il cappello definisce i ruoli, la professione, lo stile e la classe sociale. Contiene in sé una gestualità che solo questo capo d'abbigliamento consente. Il cappello può suscitare passioni, lacrime o riso. Ma non solo: è portatore di una simbologia che ne fa un elemento indispensabile nell'industria cinematografica. Nel 1939 Teresio Usuelli succede allo zio nel momento più difficile, con la Seconda Guerra Mondiale, l'occupazione tedesca e la chiusura dei mercati. È negli anni '60 che il successo della Borsalino conosce un forte rallentamento, con la rivoluzione culturale e lo spostamento da una società patriarcale e conformista a una basata sull'individualismo. Con il boom economico e la diffusione di massa delle piccole utilitarie il cappello perde la sua funzione di oggetto d'uso quotidiano e le vendite crollano nell'arco di pochi anni. Con la vendita dell'azienda di famiglia nel 1979 ad Alessandria un'intera generazione di cappellai finisce. Anche il cinema vive una fase di rinnovamento sociale ed estetico, ma al contrario di ciò che avviene nella vita reale non abbandona il suo oggetto feticcio ed è proprio grazie al cinema che il "Borsalino" entra definitivamente nella sfera del mito.
Il documentario Borsalino City intende mettere in luce la costruzione di un successo fondato sull'alleanza tra due mondi alquanto distanti come l'artigianato e il glamour, il retroscena dell'operosità operaia e le luci della ribalta del jet-set internazionale, la piccola città di provincia e Hollywood. La struttura si avvale di una narrazione rappresentata da un personaggio-ombra associato a una voce fuori campo, come riferimento al mondo immaginario che il cinema associava al cappello. Il film si avvarrà della partecipazione dei discendenti della famiglia Borsalino, di ex-lavoratori così come di importanti personalità del mondo del cinema o di altri testimoni appassionati. Il racconto si struttura a partire dalla storia della dinastia familiare che, nel corso di 120 anni, accompagna, sia indirettamente che direttamente, il monda del cinema. Per fare ciò, si narrerà la vita per molti versi "romanzesca" dei tre uomini di famiglia cui è spettata per quarant'anni a testa la direzione dell'impresa. Il tratto comune è l'indiscutibile talento commerciale dalle sfumature paternaliste, così come la fede in una sorta di missione civilizzatrice che si materializzava attraverso la produzione di un accessorio dotato di un grande potenziale simbolico: il cappello. L'appeal internazionale di questa storia risiede nell'enorme potenziale immaginifico legato al Borsalino: il Cinema in primis, ma anche i meravigliosi materiali visivi ritrovati, come i filmati industriali delle prime due decadi del Novecento; i manifesti pubblicitari firmati da Dudovich; i diagrammi delle vendite disegnati in autentico stile liberty.