Tomaso Bruno è un ventenne italiano come tanti, inquieto, benestante e viaggiatore, partito per l'India all'inizio del 2010 in cerca di se stesso: vi troverà la morte di un amico, un'accusa d'omicidio priva di fondamento e [a condanna al carcere a vita. Ma in questi lunghi anni in cella Tomaso resiste, ricorda, immagina, legge e scrive migliaia di lettere, in cui racconta come stia trovando una propria libertà in quattro mura d'ingiustizia. Oggi, nel 2014, vivremo con suo padre e sua madre i tre giorni di attesa prima dell'ultima, definitiva, sentenza della Corte Suprema Indiana.
Non avrei mai voluto fare questo film. Conosco Tomaso Bruno da bambino, quando giocava nel campetto da calcio dell'oratorio: io avevo 16 anni e gli facevo da allenatore. I percorsi della vita ci hanno fatto incontrare molti anni dopo a Bologna, dove, sotto le stelle di Piazza Maggiore, parlavamo tutta la notte cercando il modo di uscire dagli schemi "preconfezionati" della nostra vita. Solamente leggendo le lettere di Tomaso ho avuto la possibilità di reagire, lì ho trovato la forza e il cuore di questo film: nelle sue parole scritte in quattro anni dietro le sbarre, c'è un meraviglioso "romanzo di formazione" di un ragazzo che diventa uomo. Parallelamente, c'è la storia di un piccolo paese di provincia italiano, mio e di Tommy, che negli anni 2000 riscopre il grande valore di essere una Comunità; e che subito dopo si spacca a causa di un pregiudizio comune. Ed infine, soprattutto, c'è la storia universale dei suoi genitori, Euro e Marina, che darà a tutti noi la possibilità di chiederci quanta fede abbiamo nella Giustizia; quanto, e fino a che punto, crediamo davvero nelle persone che amiamo; cosa saremmo davvero disposti a fare, per la loro libertà?