Pietro è un cinquantenne di oggi: ha un buon lavoro in un’azienda di torrefazione del torinese, ha quattro figli nati da due matrimoni ormai conclusi, vive da solo e riempie il tempo libero con storie non troppo sentimentali e amici che condividono i suoi stessi hobbies. Un uomo intelligente, ma certo non originale, non un gigante ma sicuramente con i piedi d’argilla. Infatti, la perdita del lavoro e quindi della disponibilità economica e della sua identità quotidiana e nello stesso tempo il coinvolgimento in un omicidio, metteranno in luce tutta la sua fragilità esistenziale.
È la voce di Pietro che ci racconta in prima persona un percorso irto di passi falsi e di tentativi di ricostruire ciò che non sarà mai più ricostruibile per ritrovare infine se stesso in luoghi inattesi, attraverso una nuova sensibilità e comprensione di sé e degli altri.
Un libro, ambientato a Torino fra Borgo Campidoglio e le fabbrichette di periferia, insieme cinico e delicato, che racconta il mondo maschile ai giorni nostri: la frammentazione e il provvisorio, la perdita del potere e la conquista della sensibilità, la costruzione di nuove identità, in paesaggi esistenziali sconosciuti.
La trama è quella di un giallo, con due omicidi e un’indagine che coinvolge più sospetti.
L’ambientazione è torinese. La storia riprende tematiche molto attuali, come perdita del lavoro, frammentazione famigliare, difficoltà di costruire relazioni stabili, senza indulgere nella retorica ed evitando i luoghi comuni. Il linguaggio è attuale. I dialoghi sono realistici e spesso colgono il lato umoristico delle situazioni.
Il finale, pur non rappresentando un classico lieto fine, offre soluzioni esistenziali catartiche.