“Se questi muti potessero parlare…”
La storia muove da questa ipotesi: la possibilità che le pareti di una stanza, di un appartamento, di un intero palazzo possano osservare e raccontare. Lo spettatore partecipa alla narrazione in prima persona di un condominio di quattro piani alla periferia di una grande città. Il condominio è la voce narrante, che scruta le vite degli esseri umani negli appartamenti e della colonia di topi che si moltiplica silenziosa nello scantinato. Uno sguardo lucido, impietoso, su famiglie, coppie, singoli individui mostrati solo per ciò che nascondono, oltre pareti e porte chiuse: manie, vizi, debolezze, fragilità, deviazioni e segreti.
Una narrazione filmica nera, eppure leggera. Un distillato poetico dei guai e dei guasti, dei vizi e delle colpe degli inquilini, che degenerano in atteggiamenti di squilibrio e sconcezza, in collisioni violente e passioni eccessive. Lo spettatore gode della seducente occasione di spiare nelle case degli altri, per scoprire che in qualche modo la storia ci racconta e riguarda tutti.
Quest’opera ha vari punti di forza. Anzitutto l’ambientazione, chiusa all’interno del condominio, consentirebbe una produzione agile. Il target è estremamente ampio, poiché i personaggi del palazzo (ogni appartamento riceve un identico spazio narrativo, senza eccezioni) rappresentano diverse tipologie umane, nella quali ogni spettatore può in qualche misura identificarsi. Il genere stesso si apre a gusti diversi, mescolando storie di vita vissuta e approfondimento psicologico, con momenti di alta tensione, tipici del noir, del thriller e del giallo.
L’originalità del romanzo potrebbe essere preservata nella trasposizione filmica, realizzando l’opera come un documentario sul mondo animale, dove qui sotto osservazione ci sono esseri umani. La voce narrante potrebbe trovare uno spazio significativo e la sceneggiatura ridursi al minimo, per lasciare spazio alla scena, al dettaglio, al gesto, all’inquadratura, ai movimenti della camera, che si sposta da un appartamento all’altro, come se il palazzo fosse aperto sul lato dello spettatore.
L’opera ha tutte le caratteristiche per adattarsi anche alla serialità, visto che propone un finale aperto e che gli appartamenti, come nella realtà, potrebbero cambiare nel tempo i propri abitanti e modificare le relazioni tra inquilini e gli equilibri del palazzo.