Gomez, fuggito nei primi anni '80 da una Torino sconvolta dal terrorismo e da una vita al limite della legalità in un quartiere popolare, oggi, ingegnere, sposato con la figlia di un ricco industriale, vive in Brianza. Siamo nel 2006 quando Gomez riceve una telefonata inaspettata: il suo migliore amico di gioventù, Jumbo, unico sopravvissuto di quella banda di ragazzi turbolenti, si è risvegliato dal coma dopo 28 anni e vuole assolutamente parlare con lui.
Malgrado la contrarietà della famiglia, Gomez salta sul SUV alla volta dio Torino, ripensando alla sua vecchia vita e a quella crepa sull'asfalto vicino alle case popolari in cui viveva che, come una profonda ferita, segnava il confine-trincea della periferia: la faglia!
Torino, maggio 1978: Jumbo è a casa di una ragazza dopo la serata in discoteca. In una stanza, in penombra, crede di vedere, steso su un letto, Aldo Moro. Jumbo chiama a raccolta la banda e, insieme, decidono di liberarlo ma, non sapendo come gestire la situazione, lo portano nella cantina del palazzo in cui abitano. Quando Jumbo vede in TV le immagini del ritrovamento del vero Aldo Moro, in Via Caetani a Roma, capisce tutto, ma è troppo tardi. A seguito di quello scellerato atto, Jumbo finirà con la testa fracassata.
Otto anni dopo Gomez è a Torino, in ospedale, davanti al letto dell’amico miracolosamente risvegliatosi: quello che gli dirà lo costringerà a tornare a Borgo Stura e a mettere finalmente fine a quel tempo sospeso tra adolescenza e età adulta.
Rispetto al contesto delle periferie metropolitane, già ampiamente rappresentate al cinema e in tv (Gomorra, Suburra, ecc.) qui il baricentro non è l’ennesima riproposta di quelle tipiche dinamiche di strada, che le caratterizzano (le gang, la leadership, lo spaccio, il degrado, la carenza di servizi, la povertà educativa), ma piuttosto il rapporto tra adolescenza e società, attraverso la lente narrativa di codici tipici della commedia neorealistica: i personaggi di questa storia ricordano più Pierluigi "Capannelle" (I soliti ignoti) che Pietro Savastano (Gomorra); più Tommaso Puzzilli (Una vita violenta), che Aureliano Adami (Suburra).
La difficoltà di comprensione dei cambiamenti, il rifiuto del mestiere in fabbrica dei propri padri, la brama di una popolarità facile, guidano le azioni e le reazioni dei personaggi, vittime del contesto sociale e, tra le altre cose, della traumatica rottura del patto tra la FIAT e la città.
Il focus della vicenda è l’epica, tragicomica spedizione, con una macchina scarcassata, verso l’improbabile covo delle BR. È qui che si manifesta la colorita umanità dei personaggi che ne mette implacabilmente a nudo tutti i limiti culturali.
Una storia popolare e immediata, con al quale è facile empatizzare sia per i più giovani, sia per un pubblico più maturo. Storia adatta a tutti quindi, anche a un pubblico colto e intellettuale, piuttosto politicizzato, figlio della lotta di classe, crescita con l'immaginario di un presente pregno di speranza e di un futuro nel quale tutto sarebbe potuto succedere.
È una storia raccontata da due punti di vista, quello del protagonista cinquantenne, al presente, e quello del giovane diciottenne nel 1978. Entrambi pesci fuor d’acqua, nel loro essere sempre e comunque inadatti alla loro epoca, rappresentano il disagio, comune, di due generazioni.