La narrazione segue le peripezie di una bambina (Juliette) durante la guerra civile scoppiata in Vandea, Francia, nel 1793. Juliette, orfana catatonica, stimola una serie di altri personaggi a mettersi in evidenza pur di badare alla sua incolumità nel contesto spietato della guerra civile. Si innesca una sorta di corsa a staffetta, dove i protagonisti si ‘passano’ la custodia della bambina in un vortice di avventure e pericoli di ogni sorta e in nome delle virtù più nobili che li animano, in forte contrasto con la crudeltà dell’ambiente circostante.
Una delle figure salvatrici, la baronessa de Girac, subirà una violenza sessuale da parte di militari repubblicani e su questo episodio ruoterà la linea principale della narrazione fino al suo epilogo.
A legare Parigi e la Vandea, alcuni personaggi storici (Robespierre, Kléber, Lambert Tallien, Teresa Cabarrus, Gannet, Westermann, Rossignol, Carrier) e di fantasia (il demoniaco agente segreto chiamato il “Bruco”, il sorprendente sacerdote ‘père’ Michel, il sanguinario colonnello Lescaze, il coraggioso sergente Berry, la determinata baronessa de Girac e la sua serva Dorothea, il tormentato capitano Lanois, lo spregiudicato faccendiere Wendelin).
Nella scrittura si fondono passione per il dettaglio, voracità linguistica, ricostruzione atmosferica dei luoghi e degli spazi in cui si manifestano le storie, orchestrazione tra storicità e finzione, riflessioni in contrappunto, spazio a citazioni inconsuete ma coerenti con il contesto.
Ritmo serrato, cura della caratterizzazione dei personaggi e dei dialoghi, attenzione alla ricostruzione storica (piena di aneddoti e curiosità), all’ambientazione e all’intreccio - dall’apertura fino alle ultime ramificazioni; il tutto mentre la Rivoluzione procede come un uragano. Gestione intrigante della presenza del sovrannaturale, quell'ombra demoniaca che procede sul filo del metaforico.
Un romanzo che va oltre l'intrattenimento, lungo la linea sottile che separa le migliori intenzioni dalla dittatura del bisogno, una riflessione aperta sulla bellezza controversa della natura umana, sulla costituzione illusoria delle cose del mondo, fonte di sofferenza quanto di salvezza.
Il quadro centrale de 'La spiga e il fauno' è la comunicazione ininterrotta tra il bene e il male che permea ogni pensiero e azione degli uomini. Perché il potenziale dello spirito umano è enorme. Che cosa lo alimenta, cosa lo agita, cosa lo innalza, avvicinandolo al divino di cui condivide la sostanza. Cosa lo getta nella polvere, lo corrompe e lo distrugge. Tutti elementi di questo studio umanistico che Pro mette in scena con grande efficacia.
Una storia di coraggio, di amore, di compassione e di amicizia: cose di cui oggi le persone hanno bisogno, più del cibo.
Siamo convinti che questi ingredienti siano perfetti per il successo trasversale di un adattamento cinematografico che non perda di vista Kubrick e si lasci ispirare dalle suggestioni immortali di Bertolucci e Muccino.