23 maggio 1915. Alla vigilia dell'entrata in guerra dell'Italia le popolazioni di lingua italiana dell'allora Impero Austroungarico che abitavano lungo il confine (trentini, veneti, friulani), senza alcun preavviso furono costrette ad abbandonare case, campi e ogni avere, caricate su carri bestiame ed esodate, dopo un viaggio drammatico, nelle regioni dell'Impero, lontane dal fronte: Bassa Austria, Moravia e soprattutto Boemia. Un evento che ha riguardato oltre centomila persone, in maggioranza donne, vecchi e bambini, di cui non c'è alcuna traccia nei libri di storia. Il romanzo rivive la straordinaria avventura di queste genti, attraverso le vicende di un gruppo di donne guidate dalle figure - realmente esistite - di una maestra e di un parroco, dipingendo lo spaccato inedito di un dramma inimmaginabile, per certi versi assimilabile a quelli di migrazione odierni. Un percorso d'integrazione e di emancipazione della figura femminile. Primo capitolo di una trilogia che narra le vicende vere di un popolo alla ricerca di un'esistenza sicura e decorosa, in un momento storico particolarmente drammatico, di mutamenti radicali.
Questa storia ha uno dei suoi punti di forza innanzitutto nel portare alla luce una pagina sconosciuta di storia italiana, che ha riguardato oltre centomila persone. In secondo luogo è una storia al femminile, nella quale le donne, a cominciare dalla maestra protagonista, svolgono un ruolo fondamentale e per certi aspetti emblematico nel processo di emancipazione della donna agli inizi del 900. Il processo d'integrazione con le popolazioni ceche e morave durato 3 anni, anticipa uno dei temi più attuali della storia d'Europa. Sullo sfondo il dramma della Grande Guerra, rivissuto attraverso lo scambio epistolare tra la protagonista e il fidanzato al fronte, che ripropone anche in questo caso una vicenda incredibilmente analoga al conflitto in corso in Ucraina, laddove cento anni fa erano stati inviati a combattere i sudditi di lingua italiana dell'Impero asburgico.