Marte è un ragazzino di sedici anni tossicodipendente. Ha trascorso l’infanzia rinchiuso in un manicomio per bambini. Andrea è un fisioterapista con la passione per i viaggi in bicicletta. È in perenne fuga dai fantasmi del suo passato e da un senso di solitudine che continuano a tormentarlo.
Le loro vite si incrociano quando Marte viene affidato ad Andrea per tentare una “terapia estrema”. Un viaggio in tandem. L’idea è quella di portarlo in un luogo che possa rappresentare l’infinito, un faro sopra un promontorio di roccia, la fine della terra, l’inizio del mare. Per dargli una dimensione di come tutto ciò che si percepisce, sia l’inizio e la fine contemporaneamente. Tra di loro non esisteva nulla, prima. Ora hanno solo questo viaggio e loro stessi, l’uno per l’altro. Andrea è un uomo che ha parecchie cose in sospeso col passato, paludi di solitudini: attraverso questo viaggio cercherà di bonificare un po’ di quel passato, al costo del futuro.
Tratto da una storia vera.
Un viaggio epico alla riscoperta del contatto umano come terapia e dello scontro generazionale come onda d’urto, nel tentativo di ridare un senso di appartenenza ad entrambi i protagonisti. Non si tratta di una fuga dalla realtà, ma di un percorso di rinascita sancito da un rapporto stretto, intenso, a volte crudele, ma necessario.
La storia si dipana tra flash back e momenti presenti densi di intensità, dove la pelle diventa il collante di un rapporto umano complicato.
Una storia che rappresenta l’opportunità di raccontare la vita attraverso la verità, anche quella scomoda, che i protagonisti saranno costretti a vivere, senza sovrastrutture, spogliandosi di ogni forma di difesa. Essere sé stessi, furiosi o catatonici, ma sempre sé stessi.
Si affrontano argomenti “scomodi” e poco noti, come quello dei manicomi per i bambini e del contenimento come terapia, un abominio che ha caratterizzato un periodo oscuro del nostro paese.