Sara e Angela, 9 e 7 anni, vivono nella Libia occupata dagli italiani. La prima è ribelle, cocciuta, la seconda un’acqua cheta. È il 1940 e in una notte di luna piena vedono una donna a cavallo, maestosa come una regina, in fuga nel deserto. Ne restano ammaliate. DI lì a poco i tremila figli degli italiani in Libia devono partire. Hanno tra i 4 e i 14 anni, tra loro le due sorelle con la più piccola, Margherita, di 5 anni. Vivranno l’Italia sconosciuta e la prima fantastica estate senza genitori. Ma il giorno dopo il loro sbarco, il 10 giugno, l’Italia entra in guerra. La vacanza diventa un esilio lungo sette anni. L’infanzia è spezzata dall’attesa, dalla ribellione alla disciplina fascista, dai tentativi di fuga dalla colonia che diventa un collegio, anzi, una prigione. Un mondo chiuso, tutto femminile, plasmato dalla propaganda, che educa le tre sorelle a diventare mamme e massaie sottomesse. Sara, Angela e Margherita lottano, litigano, sognano, guardano il mondo con il realismo magico dell’infanzia, crescono, si allontanano e si avvicinano, in un mondo senza genitori. A guidarle nei tempi più bui c’è però sempre quella remota immagine di forza, l’amazzone, ma anche l’incontro con una varietà di donne che sono tutte, a modo loro, delle amazzoni. Finché la guerra finisce e le sorelle si ritrovano in un campo profughi, senza più ricordare il loro cognome. Riusciranno tutte, infine, a tornare all’abbraccio accogliente e protettivo della madre?
Un coming of age al femminile, con protagoniste e personaggi femminili sfaccettati. Al centro le giovani protagoniste che lottano per la propria indipendenza. In Italia il romanzo è spesso stato accostato a una versione radicata nella realtà de Il racconto dell’ancella e al romanzo Il treno dei bambini. All’estero lo hanno accostato spesso a La vita è bella. Per chi ama storie di ribellione, sorellanza e amicizia (portate in auge da storie come L’amica geniale). Adatto a un pubblico giovane adulto e adulto femminile. Per chi ama i racconti sull’infanzia spezzata che sappiano mescolare crudo realismo e sguardo immaginifico. Adatto a un pubblico avvezzo alla mescolanza di generi e al racconto colto di intrattenimento. La storia contiene anche tanti riferimenti cinematografici: il cinema è un filo rosso. Le protagoniste guardano, ammirano e sognano: Cabiria, i filmati Luce, gli studi cinematografici di Pisorno, il cinema di metà anni ’40, Cinecittà. E c’è un forte riferimento all’immaginario felliniano, in particolare alla tabaccaia di Amarcord a cui si ispira uno dei personaggi, la Romagnola.