Elisa Sanelli, giovane e dotatissima pittrice nella Torino degli anni Novanta, cresciuta in un collettivo di artisti insediatosi in un'ex fabbrica abbandonata, muore avvelenata in circostanze misteriose a 27 anni (come Jim Morrison, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Kurt Cobain). Le indagini e il processo non riescono a dare un nome all'omicida. Anni dopo Francesca, voce narrante, accetta suo malgrado di scrivere la storia della giovane pittrice avvelenata, per incarico di un conte eccentrico, biografo dell'eterogeneo gruppo di artisti fra i quali era maturata la tragedia. Elisa, solitaria e siderale, è morta a causa del suo straordinario talento o per la sua ambigua relazione con Ginevra? Oppure per l'invidia del padre, che non le avrebbe perdonato di essere più brava di lui? Chi sta cercando a tutti i costi d'impedire a Francesca di ricostruire le circostanze dell'omicidio e raccontare gli ultimi giorni di Elisa? E ancora: chi muove i personaggi come marionette sulla scena di questo dramma?
Una macchina narrativa perfetta, nei cui meccanismi è facile (anzi, inevitabile) rimanere invischiati. Fino all’ultima pagina. Un cold case dentro cui è bello naufragare.
Il cesto di ciliegie sfida le convenzioni strutturali della letteratura noir, avvicinandosi molto di più a quelle del cinema di genere. Nella narrazione s'intrecciano infatti piani temporali (e visuali) diversi: quello contemporaneo, l'«inchiesta» postuma sulla morte della pittrice Elisa Sanelli, che assume le sembianze di un classico cold case; la narrazione al passato della vita e della morte di Elisa, attraverso le parole del conte Vermentino, biografo del Cantiere, la comune torinese di artisti in cui matura il dramma; e un terzo piano metanarrativo, quello dell'autore del romanzo, che a volte sembra intervenire per mutare il destino dei propri personaggi (un po' alla maniera delle sperimentazioni dell'Alain Robbe-Grillet di Trans Europe Express).
Per questa ragione la narrazione ha un ritmo temporale sincopato, con frequenti flashback e flashforward, un andamento circolare con frequenti slittamenti di tempo e di luogo, che non alleggeriscono mai la tensione e accentuano la suspense. Se sulla pagina scritta si tratta di uno straordinario virtuosismo della scrittura, che cattura letteralmente il lettore costringendolo a un tour de force appassionante tra tempi e luoghi differenti, questo meccanismo narrativo potrebbe essere ancora più efficace in una trasposizione: una struttura modello "Le iene", con un'atmosfera sospesa (che lo spettatore è costretto a interpretare, alla "Mulholland Drive". E tuttavia, nel romanzo esiste un momento, un indizio hitchcockiano che consente di comprendere la chiave dell'intera vicenda: proprio come, in "Profondo rosso", lo spettatore ha già visto il volto dell'assassina, all'inizio del racconto, ma non se n'è accorto!