Poliana è incinta e ricoverata in day ospitai per l'amniocentesi: ha quarant'anni, il rischio di avere un figlio down è alto. Non ha mai pensato al feto che ha in corpo come a un bambino, ma sempre come a un essere provvisorio, poiché se dovesse essere down non lo farà nascere. Ha una fervida immaginazione e, così come in passato aveva dato vita con la fantasia a una figlia che non ha mai concepito, ma molto desiderato - la bambina con il vestito a pois - ora si concede di pensare alla creatura che ha in grembo, di essere certa che sia femmina e di affezionarsi a lei. Questo però la mette in crisi rispetto alle sue certezze sull'eventuale aborto in caso di diagnosi infausta. In sala d'aspetto incontra Antonio, che è lì per la moglie, Mimì. La coppia ha desiderato disperatamente dei figli finché, dopo l'ennesimo insuccesso, Mimì è diventata predicatrice di teorie che invitano a non procreare, poiché nascere significa diventare nutrimento per la sofferenza. Poliana, ispirata dal pensiero di Mimì, "vede" con la fantasia - portando il lettore a credere che sia tutto reale - la sua bambina già nata: è una persona down. Poi torna alla realtà e improvvisamente le è tutto chiaro: terrà il figlio comunque. Suo marito non è d'accordo, ma non c'è tempo per discutere. Lasciamo Poliana prima dell'esito dell'amniocentesi e la ritroviamo nella nursery dell'ospedale, poche ore dopo il parto. Il finale è lasciato al cuore del lettore.
Principale punto di forza è la tematica: la questione etica, emotiva e sociale della maternità in generale e, in particolare, nel caso della nascita di una persona down. Il concetto di maternità si estende in modo più ampio alla genitorialità, fino a trattare il senso esistenziale del fare figli e affrontare il conflitto cuore-ragione, che diventa ancor più cruciale nel caso di un figlio disabile. Il romanzo si muove tra un piano reale di quotidianità fatta di corsie di ospedale, uscite nella città estiva, bar e case prese in affitto per le vacanze e quello dell'immaginazione della protagonista, che spazia dai ricordi di una precedente storia d'amore senza figli, alle storie di altre donne che i figli li hanno desiderati senza poterli avere o che non li hanno voluti o che sono nati con disabilità. Nell'adattamento cinematografico può diventare interessante lavorare su un linguaggio visivo con più dimensioni, dove la parte visionaria si mescola a quella reale, il quotidiano all'immaginato, portando lo spettatore, così come accade per il lettore, dentro l'esperienza emotiva della protagonista, lasciandolo libero poi di trovare la propria risposta all'interrogativo principale del film: cosa faresti tu se fossi al posto di Poliana?
Il target di riferimento non è solo o principalmente un pubblico femminile, anche se la protagonista è una donna, sola nella propria decisione, pur avendo un marito e una famiglia. Il racconto del mondo intimo di una madre con il figlio che deve ancora nascere non è qualcosa che vuole escludere i maschi o chi i figli non li può o non li vuole avere, ma è un tentativo di spiegare e di spiegarsi il mistero che si cela dietro l'istinto materno.