Gonzalo fa un mestiere insolito. Impiegato come cerimoniere presso la Società per la Cremazione di una grande città, si occupa di organizzare e presiedere funerali laici nella Sala del Commiato dell’antico Cimitero Monumentale. È sposato con Gloria, conosciuta tra i banchi universitari, e ha una figlia, l’adoratissima Inés, che all’età di otto anni cade in uno stato di coma profondo a causa di una misteriosa malattia. Tra padre e figlia si instaura un dialogo silenzioso fatto di presenza e di musiche ascoltate insieme. Tra queste le canzoni e il tip tap di Gene Kelly, l’unico in grado di indurre sulle palpebre di Inés quello che sembra un accenno di vitalità. La speranza, sempre più labile, di trovare una cura in grado di svegliarla, un giorno viene inaspettatamente riaccesa da Malaguti, uomo equivoco e affascinante che propone a Gonzalo di lavorare per lui, o meglio per la sua anziana padrona. In cambio della promessa di ricoverare Inés in una clinica esclusiva, Gonzalo abbandona la vecchia occupazione per passare alle dipendenze della signora Marisòl.
La sua storia, dunque, è quella di un padre che di fronte ad un bivio terribile sceglie di percorrere la strada più compromettente. Ma è possibile che l’amore sia solo un alibi per scendere a compromessi con la sua metà oscura? L’incanto del pesce luna non è un libro horror, né tanto meno splatter: le scene più violente sono volutamente allusive, filtrate, poco esplicite, orientate verso un pubblico sensibile alle suggestioni wired. La sua struttura a quadri – scandita da un ordine cronologico che alterna presente a corposi flashback – si presta all’adattamento per il grande schermo, anche se i numerosi personaggi e le molteplici sottotrame che vi si intrecciano possono senz’altro essere sviluppate nell’ottica di una serie o di una miniserie.