L'attività ebbe inizio nel novembre 1986, acquisendo un "curriculum" assai ricco: sono state realizzate scenografie, costruzioni, allestimenti, eventi per il Teatro di Roma, gli Stabili di Bolzano e Parma, il Covent Garden, il Carlo Felice di Genova, la Contrada di Trieste, il Teatro della Tosse di Genova, per la compagnia di Vittorio Gassman, Giulio Bosetti, Franco Parenti, per il Petruzzelli di Bari, il Ponchielli di Cremona, il Regio di Torino, l'Opera House di Londra, la Rai, Mediaset, per l’Orèal, Costa Crociere ,Camel, Mercedes, Lottomatica e altri come prestigiosi eventi l’allestimento su commissione RAI della scorsa edizione del festival di San Remo 2017.
Altresì ci sono state delle collaborazioni con scenografi, registi, architetti come Emanuele Luzzati, Gianfranco De Bosio, Maurizio Scaparro, Lorenzo Ghiglia, Gianfranco Padovani, Franco Zeffirelli, Hyden Griffin, Louis Falco, Luigi Squarzina, Capellini e Licheri, Armando Nobili, Claudio Brigatti, Felice Notarianni, Enrico Dusi,
Antonio Mastromattei, Renzo Piano, Ettore Sottsass e, grazie alle esperienze internazionali, di grande rilievo è stato il compito di Giuseppe Rombolà di insegnare Costruzioni Teatrali, presso il “River Side Studio” di Londra.
Più che l'orgoglio del successo, c'è in Rombolà (formatosi come falegname, attrezzista, macchinista, direttore di scena nel Teatro Stabile di Genova), la soddisfazione di essere riconosciuto come erede della grande tradizione italiana dell'arte della scenotecnica; una tradizione veramente grande e che ha origini alte, colte per gli artisti che vi si dedicarono - Brunelleschi, Alberti, Leonardo... -
Il costruttore di scenografie sa, forse meglio di chiunque altro, che il palcoscenico, il teatro - la sua misura e forma, il suo spazio - sono, nella realizzazione dello spettacolo, prescrittivi come la rima in poesia; e sa che il teatro, il palcoscenico hanno una misura, uno spazio e una forma che sono organizzati in modo da accogliere un particolare tipo di spettacolo per il quale propriamente sono nati e non altro che richieda diversa dimensione e diversa organizzazione strutturale.
Sa anche che si possono violare i vincoli della rima, ma solo se c'è un artista in grado di farlo: un artista dotato della capacità rara di cogliere nel "vecchio" la tendenza verso il "nuovo" che in esso sempre si nasconde e opera, e su questa estensione di possibilità interviene in modo da non generare rotture, violenze, ferite.
Il "teatro all'italiana" - che è patrimonio di quasi tutte le città italiane dove c'è teatro - ha quelle costrizioni, quella "rima" e solo con difficoltà si presta a una avanguardia che ha altra concezione e cognizione dello spettacolo, della messa in scena, dello spazio, della dimensione del mondo - cioè, appunto, della scenografia, dal momento che proprio questa, nel teatro, è il "mondo".
Ma perché tale dilatazione, tanto sconvolgimento producano il loro giusto effetto, occorre un artista capace di "lavorare" lo spazio con intelligenza e delicatezza.
Per questo Rombolà non prende partito, per così dire ideologico, a favore della tradizione o dell'innovazione ad ogni costo dal momento che, abile su entrambi i versanti, possiede ancor più l'arte, il gusto, la competenza per saper coniugare entrambe le esigenze, per sapere innestare il "nuovo tecnologico" sulla sicura radice della tradizione, dell'antico mestiere. E forse qualcosa di ancora più raro e prestigioso: l'abilità di dare all' “antico” funzionalità nuova, esito tecnologicamente innovativo.