Jasmina è una giovane donna di 24 anni, orgogliosa e sicura di sè. E' in carcere in custodia cautelare e con lei vivono anche i suoi figli più piccoli: Lolita, di due anni e Diego, di pochi mesi, mentre il figlio più grande vive con la nonna. Il film accompagna da vicino il quotidiano di questa piccola famiglia, mentre i mesi passano, durante momenti di speranza, attesa e resistenza. I piccoli gesti di tutti i giorni, il bagnetto, il pranzo, le passeggiate lungo i corridoi del carcere rivelano il dramma con cui ogni madre si troverebbe a confrontarsi in una situazione simile, la scelta tra crescere i propri figli, avendoli accanto, ma in prigione, o lasciarli liberi senza di lei, per un tempo della durata indeterminata. Un ritratto intimo e partecipe su maternità, responsabilità e scelte, e sull'energia vitale dell'infanzia, capace di trasformare anche il mondo carcerario.
Quando mio figlio aveva pochi mesi ho partecipato con lui ad un corso di massaggio infantile in un asilo nido vicino al carcere. In quella stessa scuola erano "ospitati" i bambini figli di madri detenute, che per poche ore alla settimana potevano uscire per giocare con altri bambini. Erano di varie nazionalità, stupiti e felici di giocare con altre mamme, e soprattutto con dei papà, in un ambiente colorato e luminoso. Non sapevo allora che per legge le madri incarcerate che hanno bambini sotto i tre anni di età possono scegliere di tenere i figli con loro, in cella. Questo in assenza di appositi Istituti a Custodia Attenuata per Madri, o case-famiglia protette, che dovrebbero essere costruiti in ogni regione. L'obiettivo della legge è di tutelare i valori della maternità, nella convinzione che sia fondamentale per il bambino instaurare nei primissimi anni della sua vita un forte legame con la propria madre. Mi sono chiesta cosa accade poi, quando i due vengono separati. E come può essere vissuta la maternità per quelle donne che per 24 ore al giorno non hanno nessun altro a cui appoggiarsi, e sono rinchiuse. Come possano far addormentare il bambino senza poter camminare, perché la sera chiudono le cella a chiave, e non c'è spazio per muoversi. Come può una madre crescerlo, custodirlo in un luogo dove la sua libertà e la sua dignità sono sospese? Ma al contempo come possono dei bimbi così piccoli crescere senza la loro madre? Chi può veramente decidere cos'è meglio per loro? Forse non vi è alcuna risposta definitiva. Ma il paradosso della maternità e dell'infanzia vissute in una cella mi hanno spinto a fare un film che lasci allo spettatore la libertà di vivere e conoscere il confinamento peculiare di una madre e della sua bambina.