Dall’approdo nella Sicilia orientale e a Lampedusa, fino ad arrivare a Torino, dove un gruppo di rifugiati politici somali, sudanesi ed etiopi vive in una ex clinica abbandonata, senza riscaldamento.
Il viaggio dei migranti è lungo e difficile, sanno di avere una possibilità su due di rimanere vivi nell’attraversamento del Mar Mediterraneo. Ma si ripetono “manca solo questo mare”, per farsi forza.
Una commemorazione a Vendicari (Siracusa) officiata da un imam arabo ricorda i giovani di uno sbarco del 2007 portati a riva sulle nostre coste, morti.
A Torino ho conosciuto molti giovani somali e sudanesi, della mia età o più giovani, che vivevano in condizioni difficili, occupando una ex clinica abbandonata. Ma la loro forza e determinazione a trovare una vita in Occidente dà loro l’energia per andare avanti. Mi hanno raccontato dei loro sbarchi e del fatto che cercano di non affrontare il viaggio in compagnia di fratelli o cugini, perché sanno che due sono le possibilità: “vivo o morto”.
Chi ce la fa deve poi occuparsi della famiglia allargata rimasta a casa.
Ho visto le foto e la commemorazione di quelli che “non ce l’hanno fatta”, ragazzi giovanissimi che avrebbero potuto richiedere asilo politico in Italia e “cercare la vita” in Europa.
Penso quanto sia assurdo il loro viaggio della speranza: avrebbero in realtà tutti i diritti per essere accolti come rifugiati politici, e invece perdono la vita nel nostro mare.
Solo andando sul posto e parlando con le persone coinvolte (operatori, giornalisti locali, avvocati, poliziotti, marinai) ho potuto rendermi conto di ciò che accade veramente e capire come da semplici dettagli nel racconto della traversata emergano storie incredibili.